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La prova scritta del concorso ordinario ha messo in luce i limiti del percorso di abilitazione dei docenti italiani. Un resoconto della giornata. it-IT Editoriale 2023-06-28T17:43:33+02:00
Docenti

Concorso ordinario 2022, classe di concorso A019. Una testimonianza diretta della prima prova scritta

La prova scritta del concorso ordinario ha messo in luce i limiti del percorso di abilitazione dei docenti italiani. Un resoconto della giornata.

Simone Esposito
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Cari lettori di Universo Scuola
Sono Simone, uno dei redattori del sito. Il mio contributo di oggi è un'esperienza diretta della giornata di ieri, durante la quale si sono svolte le prove scritte del concorso ordinario docenti 2022, per la classe di concorso A019.
Come migliaia di aspiranti docenti mi sono finalmente confrontato con un appuntamento tanto desiderato e atteso, che purtroppo a giudicare dai feedback che circolano in rete, si è trasformato in una - parzialmente attesa - mattanza. La mia prova si è conclusa con successo, avendo raggiunto proprio il punteggio minimo di 70, ma la formula concorsuale messa in piedi in fretta e furia dal governo per svolgere finalmente un concorso bandito ormai quasi 2 anni fa, ha mostrato dei limiti e delle storture evidenti, che hanno lasciato insoddisfatta la quasi totalità dei candidati. La mia vuole essere dunque una riflessione a tutto tondo su un evento che ha in larga parte deluso le aspettative. Non una critica a priori all'operato del Ministero, quanto invece un'analisi di ciò che è stato questo concorso, portata avanti nella maniera più lucida possibile.
Buona lettura!

Dall'oggi al domani: Scarso preavviso e alto assenteismo

Partiamo con ordine. Dopo anni di proclami e rimandi, il concorso ordinario è arrivato con un preavviso scarsissimo. Nel caso delle prime classi di concorso si parla di appena 20 giorni, un lasso di tempo davvero esiguo, specie se si considera anche la questione logistica.

Grazie ad un sistema di assegnazione candidato/sede totalmente automatizzato, per molti candidati il concorso si è trasformato in un autentico viaggio della speranza.

Io, che ho scelto di concorrere in Sicilia (la mia regione d'appartenenza) ho dovuto raggiungere un paese distante 3 ore e mezza di auto dalla mia residenza, e non servito da mezzi di trasporto con orari compatibili allo svolgimento delle prove. Morale della favola: se non avessi avuto un mezzo proprio non avrei potuto partecipare al concorso.

Ovviamente il problema del preavviso si riflette anche sulla possibilità di prepararsi a dovere su dei programmi sconfinati: negli anni trascorsi dalla laurea al concorso o anche dal semplice annuncio dello stesso al suo effettivo svolgimento, le vite di tanti candidati sono andate avanti, con impegni e lavori da svolgere, sia in ambito scolastico che non.

Va da sé che la preparazione al concorso è stato un impegno da incastrare in giornate già fitte e se per coloro i quali sono già docenti, tra supplenze e istituti paritari, il lavoro è già una forma di ripasso, lo stesso non si può dire di chi (come nel mio caso) ha dovuto reinventarsi dedicandosi ad altre attività.

L'alto tasso di assenteismo registrato sembra dare ragione a queste prime considerazioni. Nella mia aula su cinque candidati attesi ero presente solo io. Di altri cinque che dovevano svolgere il concorso nella stessa sede se ne sono presentati due.

I vari gruppi social testimoniano esperienze simili in molte sedi e per quanto non siano statistiche ufficiali, restituiscono un feedback importante. Non sono sicuramente stati pochi i candidati ad aver rinunciato in toto a tentare il concorso. Un dato sicuramente non trascurabile.

I quadri di riferimento: Tutto Lo scibile umano racchiuso in due programmi

Altro elemento critico, quello dei programmi inseriti nei quadri di riferimento. Va detto per onestà che questi erano noti già dalla pubblicazione del bando, quindi non è stata una sorpresa, ma la sensazione è stata che la richiesta fosse francamente esagerata.

È evidente che la prova scritta sia stata pensata per scremare i candidati e da un punto di vista numerico (poco meno di 1000 candidati per 8 posti) può essere anche comprensibile. Decisamente meno lo è la pretesa di ridurre la capacità di un aspirante insegnante alla conoscenza enciclopedica del sapere storico e filosofico, dalla preistoria/antichità ai giorni nostri.

Le criticità sono in questo caso due. La prima è che di fatto il concorso per insegnanti si è trasformato in un test sulle conoscenze, ignorando del tutto gli aspetti pedagogici, emotivi e attitudinali dei candidati.
La seconda è che, almeno nel nostro caso, i programmi del concorso non tengono conto dei reali programmi scolastici. Tutta la parte storica che va dalla preistoria all'alto Medioevo non è compresa nei programmi del terzo anno di liceo - da lì si comincia a insegnare storia e filosofia con la a019 - così come troppo spazio è stato dedicato alla filosofia contemporanea, che non si arriva materialmente a studiare nelle classi.

Sia chiaro, è sicuramente un modo per valutare i candidati e le loro conoscenze pregresse, attinente alla loro formazione, ma siamo sicuri sia il modo più adatto per un concorso di abilitazione? La mia opinione è che sembrava più che altro di trovarsi davanti ad un mega esame universitario e sicuramente l'assenza di qualsivoglia riferimento alla professione dell'insegnante, fa riflettere su quanto la procedura sia coerente con la sua natura.

Procedura semplificata a crocette: L'importanza della fortuna

Un altro elemento molto criticato è stata la scelta di passare ad una formula di test a crocette. Una prova computer based a risposta multipla utilizzata per la prima volta, che ha fatto storcere il naso a molti. 100 minuti per 50 domande, 2 punti a domanda giusta, 0 per risposta sbagliata/non data. Un lasso di tempo più che sufficiente a mio avviso per rispondere a tutte le domande e tornare più volte a rileggerle. Poco da dire in questo caso. La differenza tra un test con domande a risposta aperta o che addirittura preveda l'elaborazione di un tema su una traccia, e uno a risposta multipla con le crocette è cosa nota.

Da una parte ci si ritrova con il rischio - e così è stato per la procedura straordinaria - di trovarsi davanti a tracce così ampie da poterci sviluppare una tesi di dottorato, dall'altra ci si scontra con una fortissima componente fortunosa.
Specie con un programma così ampio era infatti facile trovarsi di fronte ad argomenti sui quali si era carenti e, come era facilmente prevedibile, interi periodi storici o correnti di pensiero sono state totalmente ignorate.
Non perdere punti per le risposte errate è stato inoltre un sollievo, ma anche un fattore che aumenta la randomicità della prova: con una buona lettura delle risposte era facile ridurre le alternative plausibili a due, con un 50% di riuscita anche in caso di totale impreparazione.

Considerando l'importanza della posta in palio, viene un po' da storcere il naso. Il successo della prova poteva dipendere da un paio di crocette messe a caso, provando ad azzeccare la risposta più probabile tra le alternative. Anche in questo caso, nulla di non preventivabile sapendo la natura della prova, ma siamo sicuri che non ci fosse un modo migliore per valorizzare un aspirante insegnante?

Gestire una mole di candidati così ampia e in così breve tempo non è certo un'impresa facile, ma trovare un modo per minimizzare l'impatto della fortuna sarebbe stato un atto di rispetto verso la categoria.

Classe di Concorso A019: Resoconto della prova del turno mattutino

Una volta seduto alla mia postazione e letto l'informativa sul funzionamento della prova, la lettura delle domande mi ha subito dato l'impressione di un test abbordabile con una buona dose di studio.
Al contrario di quanto accaduto ai colleghi alle prese con l'abilitazione su cattedra di lingua straniera, le domande di storia e filosofia erano ben centrate sul programma, anche se forse non perfettamente distribuite, con interi argomenti totalmente ignorati.

Molto equivoche invece le alternative proposte come risposta. Se, come detto prima, era ampiamente prevedibile l'utilizzo di distrattori per trarre in inganno, decisamente più discutibile la proposta di alternative ambigue nelle domande di filosofia, con domande ai limiti della contestabilità.

Per fare un esempio, una domanda riportava di identificare i tre tipi di movimento possibili secondo Aristotele, se non che in alcuni passaggi delle sue opere Aristotele cita… quattro tipi di movimento differenti! Senza scendere nel dettaglio - c'è tutta una questione interpretativa a riguardo - vista la natura a risposta multipla del concorso, una scelta del genere appare infelice.

Così come infelice è apparsa la scelta di porre alcuni quesiti di storia su interpretazioni storiografiche o dettagli dei trattati di pace decisamente più adatte a un ambito di verifica universitaria.
Per onestà intellettuale va detto che complessivamente il livello di difficoltà delle domande si bilanciava tra loro, con quesiti anche molto semplici e diretti. Una piccola consolazione, che nulla leva al fatto che in ogni caso la formulazione delle domande lasciava trasparire una certa volontà di far cadere in equivoco il candidato.

Riguardo le 10 domande non su materia, inerenti alle competenze in informatica e inglese, c'è invece poco da dire: elementari quelle di lingua, a mio avviso al di sotto degli standard prospettati, mentre poco attinenti quelle di informatica.

Che senso ha domandare ad un docente cosa sia "Sketchup" un App che viene usata per progettare modelli tridimensionali, usata da architetti e game designer? Se si può chiudere un occhio su alcune scelte infelici di storia o filosofia, comunque attinenti a un programma e ad un bagaglio di conoscenze pregresso, assolutamente bocciata la proposta dell'informatica in questi termini, totalmente sconnessi da una reale attività in classe o di didattica integrata.

Come detto in apertura l'esito della mia prova è stato positivo, grazie ad una correzione last minute che ricorderò per sempre, ma sono conscio del fatto che il discrimine tra il successo e il fallimento è sottile e al di là della contentezza per il mio risultato, non posso dirmi soddisfatto di quanto messo in piedi dal governo, specie considerando che dalla mia laurea a ieri sono passati ormai 6 anni e questa è stata la mia prima occasione.

Ridare dignità agli insegnanti parte da cosa si deve passare per diventarlo

Non voglio concludere questo contributo con una polemica sterile, ma l'impressione al termine di questa prima fase del concorso è quella di una procedura che è veramente distante dalle reali esigenze di un aspirante insegnante, nonché poco risolutiva verso quelli che sono i problemi della scuola italiana. Gli ultimi due anni hanno portato tante problematiche nuove e va detto che gli ultimi governi hanno comunque provato a intervenire sulla scuola, ma prima ancora di pensare alle soluzioni, bisognerebbe ripartire da un concetto molto semplice: che considerazione meritano gli insegnanti e coloro i quali vogliono diventarlo?

È vero, la prova scritta poteva essere superata con un'ottima dose di studio, ma l'impreparazione di parte di alcuni non può fare passare in secondo piano una procedura concorsuale mal pensata, dimenticata per anni e riproposta all'improvviso nella totale mancanza di interesse verso le esigenze pratiche di migliaia di candidati.
Si parla tanto di algoritmi, vogliamo davvero credere che non esisteva un modo per favorire una scelta delle sedi che non trasformasse il concorso in un viaggio della speranza? Davvero, pur con un'agenda di governo fitta e piena di questioni difficili da affrontare, non c'era modo di offrire alla gente un preavviso che fosse quantomeno rispettoso della loro dignità professionale?

Infine, i concorsi per natura sono delle procedure selettive che non potranno mai accontentare tutti, ma trovare una soluzione a un problema non è compito degli aspiranti docenti, bensì del Ministero. L'altissimo tasso di fallimento e di assenteismo non può essere liquidato con una bocciatura dei candidati, ma richiede necessariamente un pizzico di autocritica, a meno di non voler semplicemente pensare che migliaia di aspiranti docenti indebitamente in possesso di una laurea - mi sia concessa l'ironia - si sia presentata ad un concorso come una novella armata Brancaleone.

Il Ministero dovrebbe chiedersi una volta per tutte, quali requisiti vuole che un aspirante docente possieda. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un nevrotico susseguirsi di percorsi post-laurea, requisiti d'accesso e quant'altro, per poi ritrovarci davanti ad un mega questionario che avrebbe messo a dura prova anche gli insegnanti più navigati che non possono comunque avere costantemente in testa ogni singolo avvenimento storico o definizione filosofica concepita durante la storia del pensiero umano.

È paradossale che molti dei candidati non idonei all'abilitazione siano oggi di nuovo dietro la loro cattedra ad insegnare. E non è paradossale perché non siano in grado di farlo, ma al contrario, lo è perché la loro valutazione passa da prove e criteri che evidentemente non sono corretti. È come se, in altri termini, il Ministero avesse detto a migliaia di candidati "Tu non sei in grado di insegnare… ma intanto fallo lo stesso". Lungi da me voler proporre un'immagine naif dell'insegnante come figura ispiratrice e motivazionale senza competenze specifiche, ma è allo stesso tempo impensabile continuare a proporre un percorso abilitativo che non tenga conto di nient'altro che competenze sulle materie quando già esiste una o più lauree a certificarlo.

In un mondo in continua evoluzione il ruolo dell'insegnante è cruciale, per interpretare la realtà e guidare gli studenti in un percorso di crescita e di interpretazione della realtà. Dove sta il senso allora di valutare una figura così importante per le sue capacità mnemoniche, quando è proprio tra i desideri di un docente vedere i suoi alunni inclini al ragionamento e al pensiero critico piuttosto che alla sterile riproposizione di nozioni freddamente immagazzinate?

C'è un evidente sfalsamento di intenti tra il Ministero e gli insegnanti, tra i propositi di chi sveglie di diventare docente e la realtà con la quale si trova a confrontarsi. La speranza è che il concorso possa essere uno spunto di riflessione per tutti, perché se è vero che con lo studio si può raggiungere una tanto agognata abilitazione, ciò non toglie che ci si può rendere di prendere parte a un sistema che poggia su fondamenta dubbie.
Se c'è in definitiva una domanda che spero che il Ministero si faccia, questa sarebbe "Cosa stiamo davvero valutando in questi giorni?". Chissà che forse il miglioramento della scuola, non possa partire davvero da qui.

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