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Introduzione dello psicologo a scuola: disaccordo dell'APEI, che punta su educazione e pedagogia. La risposta dell'Ordine degli Psicologi. it-IT Editoriale 2022-02-09T12:01:00+01:00
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APEI: no alla psicologo a scuola, sì al pedagogista. La risposta dell'OdP

Introduzione dello psicologo a scuola: disaccordo dell'APEI, che punta su educazione e pedagogia. La risposta dell'Ordine degli Psicologi.

Redazione Universo Scuola
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Da tempo, ormai, si discute in merito all'introduzione dello psicologo a scuola. Soprattutto a seguito della pandemia e ai dati rilevati sull'aumento dei casi di depressione, ansia sociale, attacchi di panico tra i più giovani, sembra che la presenza di un professionista direttamente tra le mura scolastiche possa essere la soluzione migliore.

Eppure, non tutti la pensano in questo modo, in primis l'APEI (Associazione Pedagogisti ed Educatori Italiani) che, su questo argomento, si è espresso così:
"Il disagio giovanile procurato dall'isolamento sociale non è un fenomeno psicologico, bensì sociale dovuto alla carenza di interventi pedagogici preventivi, e la sempre più carente presenza nella scuola e nella società, della scienza pedagogica. Non possiamo oltremodo accettare che tecnici del mondo sanitario si occupino di educazione al posto dei pedagogisti e degli educatori professionali sociopedagogici, che vengono formati dallo Stato con ben 42 corsi di studi universitari".Queste parole sono state pronunciate direttamente dal presidente dell'APEI, Alessandro Prisciandaro, che sottolinea quanto la figura dello psicologo - a suo dire - sia sbagliata:
"Concordiamo con il ministro Bianchi quando ci dice di non clinicizzare e medicalizzare le problematiche di crescita giovanile - prosegue - per restare poi basiti dalla soluzione che il ministro trova nell' inserire la figura sbagliata, lo psicologo, che è una figura sanitaria formata per fare clinica e psicoterapia".In poche parole, secondo Priscindaro, la presenza di uno psicologo a scuola vorrebbe diretrasformare i "problemi" riscontrati ultimamente tra i giovani in patologie quando, secondo il suo parere, servirebbe semplicemente lavorare dal punto di vista pedagogico.

L'opposizione dell'Ordine degli Psicologi

Di fronte a queste dichiarazioni, la risposta dell'OdP (Ordine degli Psicologi) non si è di certo fatta attendere: il presidente David Lazzari, infatti, ha calorosamente sottolineato come il malessere causato dalla recente pandemia abbia influito sul 30% della popolazione, perlopiù ragazzi con un'età inferiore ai 18-20 anni.

Le motivazioni sono molteplici, ma Lazzari precisa che nascono ancor prima della scoppio della pandemia:
"Gli allarmi sulla situazione dell'infanzia e dell'adolescenza li recepiamo da tempo; tuttavia la pandemia ha di certo amplificato questo disagio, anche perché i bambini sono spugne e hanno assorbito il disagio delle famiglie".Il dato più rilevante, secondo Lazzari, vede la metà dei giovani pessimisti nei confronti del futuro:
"Come qualcosa che sarà peggio del presente e del passato è un indicatore drammatico della loro condizione - continua - perché la visione pessimistica dovrebbe far riflettere e fare adottare delle misure straordinarie ma anche delle misure strutturali per rispondere a un problema che non viene da ieri ma da più lontano".Uno studio recente, infatti, condotto su 80mila studenti ha rilevato che la depressione e l'ansia post-Covid sono raddoppiate tra gli adolescenti, comportando un vero e proprio disagio psicologico che va trattato in maniera sistemica.

La controproposta dell'APEI

Nettamente in contrasto la controproposta dell'APEI , che invita a risolvere le problematiche degli studenti attraverso l'educazione e la pedagogia puntando "alla ricostruzione dei rapporti sociali e delle relazioni solidali, perché proprio nei momenti come quello corrente, ci accorgiamo della inadeguatezza dei modelli individualistici fino ad ora assunti". Priscindaro, quindi, insiste sull'importanza dell'educazione, unico strumento per aiutare i ragazzi a controllare le loro insicurezze affrontandole in modo personale e partecipando a una vita rinnovata e concreta. E conclude: "Educare nel tempo della problematicità non significa solo aumentare il senso di sicurezza, bensì significa far emergere la necessità di imparare a cambiare".

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