Si continua a parlare di autonomia differenziata. Il provvedimento voluto dal ministro degli Affari regionali, Roberto Calderoli, potrebbe arrivare entro un anno. Questo andrebbe a cambiare gli equilibri di alcuni ministeri. Nel caso del ministero dell'Istruzione e del Merito, addirittura il 20% del personale amministrativo sarebbe a rischio. Al momento infatti il ministero conta 5mila addetti amministrativi, tra le cui funzioni rientra ad esempio la gestione del personale scolastico.
Autonomia differenziata: il dossier della camera
La questione dell'autonomia differenziata è stata ripresa lo scorso settembre. Un dossier presentato alla camera metteva in chiaro i punti salienti del provvedimento. In particolare, l'articolo 116, terzo comma della Costituzione, attribuirebbe alle regioni dotate di statuto ordinario nuove forme di autonomia.
Questo non andrebbe a cambiare le autonomie delle regioni a statuto speciale, ma garantirebbe ad alcune regioni di dotarsi di poteri propri. Già nel 2017 Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna avevano avviato delle iniziative per l'autonomia, successivamente tradottesi in accordi preliminari con il Governo a febbraio 2018.
L'articolo 117, terzo comma, della bozza di disegno di legge va anche ad attribuire alla competenza legislativa corrente alcune altre materie, contenute nel secondo comma dello stesso articolo, alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. Queste sono:
- Organizzazione della giustizia di pace;
- Norme generali sull'istruzione;
- Tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
I quattro settori coinvolti
Sarebbero in definitiva quattro i settori direttamente coinvolti dal provvedimento:
- Scuola;
- Sanità;
- Ambiente;
- Politiche del lavoro.
Queste materie saranno oggetto di trattativa. Le regioni virtuose potranno avere un aumento delle somme per la prestazione di riferimento. Il monitoraggio avrà cadenza triennale e la cifra erogata sarà strettamente aderente alla spesa dello Stato, senza alcun bonus.
Per l'Istruzione non professionale servirà la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni. Nello scenario attuale, ogni regione ha il diritto di chiedere il riconoscimento di una più forte autonomia in materia, lì dove la prerogativa non fa capo alla singola scuola.
I livelli di prestazione vanno applicati anche alla scuola (art.3). Per fare un esempio, entro il 2027 ogni Comune sarà tenuto a disporre per i bambini da 0 a 3 anni il 33% dei posti negli asili nido.
Autonomia regionale e scuola: cosa succederebbe con il nuovo assetto
Ma cosa cambierebbe nel concreto alla scuola con la nuova autonomia regionale? Se la destra evidenzia la possibilità di un sistema scolastico più efficiente, il rischio è d'altro canto una sorta di separazione interna alla scuola stessa.
Programmi diversi da regione a regione, meccanismi di finanziamento e reclutamento differenti in base al territorio. Questo si riverserebbe anche sui termini della contrattazione nazionale, con addirittura la possibilità di possibili differenze di salario a livello regionale.
Nulla cambierebbe, come specificato nella proposta di legge, dal punto di vista didattico. I programmi di studio non rientrano tra le competenze delle regioni, la cui libertà sarebbe riservata agli aspetti organizzativi. Rimangono allo stesso modo inalterate le autonomie delle singole scuole o lo svolgimento dei concorsi.
L'autonomia regionale potrebbe però avere dei vantaggi per quanto riguarda l'assegnazione dei docenti, così da evitare l'annoso problema dell'inizio dell'anno scolastico con cattedre vuote. Rimane però aperta la problematica riguardante i posti di lavoro della sezione amministrativa del ministero.