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In Cocaweb il senatore Cangini mette sullo stesso piano videogame, social e cocaina. È il modo giusto di analizzare il rapporto tra giovani e digitale? it-IT Editoriale 2023-06-28T12:32:09+02:00
Famiglie e Studenti

Cocaweb del senatore Cangini paragona social e videogame alla cocaina. Attenzione alle generalizzazioni

In Cocaweb il senatore Cangini mette sullo stesso piano videogame, social e cocaina. È il modo giusto di analizzare il rapporto tra giovani e digitale?

Redazione Universo Scuola
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Giorni fa avevamo analizzato il ruolo che il gaming può avere nell'educazione dei più giovani, evidenziando i risvolti positivi e gli utilizzi didattici di un medium come il videogioco, sempre più diffuso e maturo.

L'intrattenimento digitale, tra social e videogame, è dopotutto parte integrante della vita dei ragazzi italiani, sin dalla più tenera età. Un fenomeno che comporta rischi da non sottovalutare ma che deve essere analizzato con lucidità e senza cadere in facili isterismi.

Social e videogame come la cocaina: Quoziente intellettivo dei giovani in calo

Perentoria la tesi sostenuta da Andrea Cangini nel suo nuovo libro "CocaWeb. Una generazione da salvare": videogame e social, se abusati, hanno sui giovani lo stesso effetto della cocaina, acuendo disagi psicologici quali, tra gli altri, disturbi alimentari e autolesionismo.

Cangini si è avvalso, per formulare la sua tesi, del parere competente di psicologi, neurologi, pedagogisti, psicoterapeuti e sociologi, nell'ottica di un'indagine realizzata dalla commissione Istruzione al Senato rivolta al rapporto tra studenti e digitale.

Esagerare con l'intrattenimento digitale stimolerebbe dunque il cervello a rilasciare il neurotrasmettitore della sensazione di piacere, analogamente a quanto fa la cocaina.

Continua Cangini, gli adulti dovrebbero dunque proteggere i bambini dagli eccessi, allo stesso modo in cui viene loro vietato di bere, fumare o guidare. Ancora, le grandi compagnie del web andrebbero equiparate alle grandi compagnie del tabacco. La proposta è quella di avviare campagne informative per dire che il web fa male ai minori.

Il ministro Bianchi sull'educazione al digitale

In occasione della presentazione del libro, il ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi è intervenuto in video collegamento per parlare di educazione digitale, nelle scuole e non solo.

Un'educazione che non può passare solo dai divieti in classe, ma da una corretta educazione alla vita collettiva e alle potenzialità del digitale. Secondo Bianchi in sostanza, i ragazzi non devono essere privati dei vantaggi delle tecnologie digitali, ma educati a un uso corretto degli strumenti a loro disposizione.

Una questione di cybersicurezza

La vicedirettrice dell'Agenzia per la cybersicurezza Nunzia Ciardi ha inoltre puntualizzato come l'esposizione eccessiva dei giovanissimi a internet sia rischiosa anche per la loro stessa sicurezza.

Sono infatti aumentate le denunce di adescamento nella fascia 0-9 anni, e le estorsioni sessuali nella fascia 0-13 anni: dati preoccupanti, ma che testimoniano come internet possa trasformarsi in un pericolo se i bambini più piccoli non vengono adeguatamente seguiti.

Seguire e non proibire, riflettere ma non demonizzare: una breve riflessione sul digitale

Il testo di Cangini mette sicuramente in luce alcune criticità del rapporto tra giovani e tecnologia digitale. I dati riportati e i pareri degli esperti non sono dopotutto fattori ignorabili, per quanto usare il quoziente intellettivo come criterio di riferimento sia una scelta di per sé opinabile, vista la tipologia di test.

Detto ciò, in una società dove la scuola stessa si appoggia sempre più a metodologie didattiche alternative che integrano al loro interno il digitale, mettere sullo stesso piano una sostanza come la cocaina ai videogiochi o ai social, rischia di essere un allarmismo poco utile ad una riflessione costruttiva.

Se è vero infatti che i social e i videogame attivano gli stessi meccanismi di piacere e ricompensa di altre sostanze, è vero anche che la tecnologia di per sé rimane uno strumento neutrale, mentre droga e fumo sono sostanze dannose per natura.

La ciclica demonizzazione della tecnologia non è dopotutto la giusta chiave di lettura dei disagi di una generazione, specie se isolata dal contesto: prima dei videogiochi e dei social era la TV, prima ancora magari letture considerate "Fuori" dai canoni o generi musicali anticonformisti.

Certo, è fondamentale seguire i più piccoli guidandoli ad un corretto utilizzo degli strumenti digitali, ma questo fa parte di un processo educativo che coinvolge tantissimi aspetti: stabilire un rapporto di causazione diretta tra un singolo aspetto della vita del bambino - l'utilizzo della tecnologia - e la sua crescita è sempre un azzardo.

Parlare di videogiochi e social in questa maniera appare inoltre anacronistico. Il videogioco è ad oggi un medium in netta crescita, economica, ma non solo. Una forma multimediale, tra arte e intrattenimento, capace di raccontare storie e favorire immersione e socializzazione.

Continuare a pensare al videogioco come fonte di istupidimento per milioni di bambini è qualcosa che denota una scarsa conoscenza del medium e che favorisce un approccio unilaterale alla questione, giudicando qualcosa solo dai suoi eccessi. Sarebbe come, con le dovute differenze, criticare il cinema o la letteratura perché qualcuno compie un crimine ispirato da un personaggio di finzione.

I social sono inoltre un grande strumento di informazione, fondamentale in tempi contemporanei dove le news corrono in tempo reale in tutto il mondo. Non c'è dubbio che bisogna imparare a discernere le notizie, ma di fatto - e gli ultimi tempi lo stanno tristemente insegnando - questa problematica non riguarda solo i più giovani.

È dunque certo che un'educazione virtuosa passi dalla capacità di insegnare ai più piccoli un corretto uso della tecnologia, ma come non è auspicabile un mondo dove un bambino dell'asilo passi ore e ore chiuso in camera con un tablet, non è nemmeno concepibile mettere in unico calderone droga, fumo e tecnologia sulla base di effetti simili.
In altri termini, è davvero giusto considerare il digitale qualcosa di potenzialmente dannoso, al pari di altre sostanze, solo perché parte degli effetti sono uguali?

Educare significa dopotutto anche imparare a conoscere la differenza, andare a fondo alle cause dei fenomeni sociali e rendere consci, anche i più piccoli, dei pericoli degli eccessi.

Una critica indiscriminata allora, per quanto attendibile e ben suffragata dai dati, non può essere la risposta finale alla complessità delle domande a cui un educatore deve saper rispondere per il bene dei più piccoli, in quanto coglie solo la parzialità di un fenomeno eterogeneo come quello del rapporto tra i giovani e il digitale.

Gaming problematico e litigi familiari. L'importanza del contesto

È ad esempio interessante analizzare la fruizione dei videogiochi insieme al contesto familiare dei ragazzi. Uno studio dell'Istituto di fisiologia clinica del CNR, con la collaborazione dell'Università di Padova e della Flinders University, si è occupato della questione.

Lo studio verte sull'influenza di fattori socioeconomici nello sviluppo del "Gaming disorder", con un particolare riguardo alla relazione con le condizioni familiari.

Quello che emerge, analizzando i dati provenienti da 30 diversi paesi europei relativi alle abitudini di gaming di 89.000 adolescenti tra i 15 e i 16 anni, è che comportamenti deviati correlati all'uso di videogiochi sono più diffusi nei paesi con marcate disuguaglianze economiche.

Queste portano a una maggiore problematicità all'interno delle famiglie che, schiacciate da problemi e difficoltà, forniscono meno regole e supporto emotivo ai figli.

È dunque importante che la prevenzione del gaming disorder e degli abusi del digitale passino non solo da campagne di sensibilizzazione ma anche da investimenti concreti nelle politiche di welfare a favore delle famiglie.

L'Italia presenta una percentuale di adolescenti a rischio superiore alla media europea, con il 24 % di soggetti: i due estremi sono la Danimarca con il 12% e la Romania con il 30%.

Questi dati, pubblicati sulla rivista Addiction, mettono in luce come seppur il videogioco possa presentare delle caratteristiche che favoriscono la dipendenza e i disordini psicologici, un'analisi critica debba tenere conto di tutto un contesto culturale e sociale che non può essere ignorato e sul quale anzi è necessario agire concretamente.

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