Una collaboratrice scolastica è stata multata perché nel pomeriggio faceva la barista. Tuttavia, stando alle dichiarazioni della donna scoperta dalla Guardia di Finanza di Vicenza, non vi era alcuna malizia nello svolgimento del doppio impiego.
La collaboratrice scolastica ha infatti affermato di avere regolarmente pagato le tasse e di non avere avvertito la dirigente scolastica perché non sapeva fosse necessario farlo. La normativa vigente è però chiara: i dipendenti della pubblica amministrazione non possono svolgere un secondo impiego senza autorizzazione dell’amministrazione.
Le motivazioni della collaboratrice scolastica multata perché faceva la barista
La donna ha dichiarato di avere agito in buona fede e di avere scoperto tutto dai media. La posizione fiscale della donna sarebbe regolare, in quanto tutti i compensi ricevuti dal bar sono sarebbero stati denunciati nel 730.
Le motivazioni della collaboratrice scolastica multata sono semplici: i 1.300 euro mensili percepiti per il suo lavoro da bidella non bastavano a provvedere alle necessità sue e delle figlie. Una situazione che porta necessariamente a riflettere sulla situazione degli stipendi dei dipendenti scolastici, troppo bassi rispetto ai costi della vita in Italia, in deciso aumento negli ultimi anni.
Sindacati e politici si schierano con la collaboratrice scolastica
Tanti i messaggi di solidarietà nei confronti della donna. Ad esprimere vicinanza anche il consigliere regionale di FdI Joe Formaggio, il quale ha dichiarato di volersi muovere per evitare la sanzione alla donna.
L’intenzione di Formaggio è quella di coinvolgere senatori e deputati, per provare a cambiare la legge che vieta ai dipendenti pubblici di svolgere un secondo impiego. Il governo, conclude il consigliere, deve concentrarsi sulla lotta all’evasione, non su casi come quello della collaboratrice scolastica che svolgeva un secondo lavoro per dar da mangiare alle sue figlie.
Diego Zordan di Snals è sulla stessa linea di pensiero. Secondo il sindacalista i dipendenti pubblici devono poter godere della stessa libertà di quelli del settore privato, specie considerando che anche quando viene richiesta l’autorizzazione ai capi di istituto per svolgere un secondo impiego, questa viene molto spesso negata. Se un lavoratore pubblico ha bisogno di svolgere un secondo impiego, perfettamente in regola, deve poterlo fare.
Cosa dice la legge. I dipendenti pubblici possono svolgere un secondo impiego?
Il problema sta a monte. Secondo l’articolo 53 del decreto legislativo 165 del 2001 infatti dipendenti pubblici:
“Non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. Ai fini dell’autorizzazione, l’amministrazione deve verificare l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi” (comma 7 dell’articolo 53 del decreto 165).”
La sanzione presa nei confronti della collaboratrice scolastica è quindi giusta da un punto di vista legale (la legge prevede addirittura sanzioni fino al licenziamento se si prosegue con il secondo lavoro). Secondo la normativa un lavoratore pubblico non può quindi:
- Svolgere incarichi retribuiti al di fuori dell’amministrazione di appartenenza;
- Rivestire cariche in società con scopo di lucro;
- Svolgere attività di natura commerciale o industriale;
- Lavorare per datori di lavoro privati.
Le motivazioni risiedono nell’imparzialità richiesta al lavoratore pubblico e nella possibilità che l’impiego privato distragga il dipendente dalla sua mansione principale.
Esistono tuttavia dei casi eccezionali in cui un dipendente pubblico può chiedere l’autorizzazione all’amministrazione per svolgere un secondo incarico. In particolare:
- Incarichi di collaborazione con giornali, riviste, enciclopedie etc;
- Partecipazione a convegni come organizzatore e con un compenso;
- Incarichi con rimborso spese regolarmente documentato;
- Profitti che provengono dall’attività di autori di opere d’ingegno o da invenzioni industriali;
- Svolgimento di mansioni presso sindacati conferite dalla stessa organizzazione;
- Attività formative rivolte ai dipendenti della PA;
- Svolgimento di incarichi che lo pongano in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo.
Impiego pubblico, libera professione e prestazione occasionale
Nel caso il dipendente pubblico abbia un contratto part-time al 50% o inferiore, può svolgere attività da libero professionista con partita IVA. La seconda professione non deve comunque andare in contrasto con i principi di esclusività e incompatibilità che regolano l’impiego pubblico. In caso di contratto a tempo pieno, non è possibile lo svolgimento di due professioni.
Discorso diverso per le prestazioni occasionali. Il dipendente pubblico non può infatti in alcun caso svolgere una prestazione occasionale.