Archiviato il governo di Mario Draghi, i politici italiani sono già in pieno clima elezioni. Al via le campagne elettorali e lo scenario in vista del 25 settembre, data in cui gli italiani saranno chiamati ai seggi, si fa subito rovente.
Giorgia Meloni contro Enrico Letta, Fratelli D'Italia contro Partito Democratico: sarà questo il leitmotiv dei prossimi mesi, con la coalizione di centro destra in vantaggio sugli oppositori. Ma cosa ne sarà della scuola?
Lo scenario politico italiano. Testa a testa Meloni-Letta
Il destino della scuola sarà consequenziale alla vittoria dell'una o dell'altra forza politica. In questo momento, regna una forte incertezza, in quanto i due principali partiti italiani - Fratelli D'Italia e Partito Democratico - sono appaiati nei sondaggi, separati da mezzo punto di differenza (24,4% il partito di Meloni contro il 24% del partito di Letta).
Verosimile pensare che il prossimo premier sarà proprio uno dei due leader di partito. Una dicotomia resa ancora più chiara dallo stesso Enrico Letta che ha detto chiaramente che il 25 settembre sarà una sfida a due tra lui e Meloni.
L'agenda Draghi sarà il punto di partenza del PD, con Letta che rievocando Berlinguer promette di mettere in piedi una campagna casa per casa e strada per strada, che possa convincere gli italiani durante il mese di agosto, con particolare attenzione alle periferie.
Letta vuole però andare oltre ciò che rimane del programma di Draghi e concentrarsi su lavoro, giustizia sociale, parità sociale e temi di cittadinanza, quali ad esempio il famoso ius scholae recentemente bloccato dal centro destra.
Carica anche Giorgia Meloni, che forte della sua esperienza all'opposizione, ha inasprito i toni affermando che "Si è già attivata la macchina del fango per tentare di fermarci, consapevoli dell'imminente sconfitta".
Dichiarazioni forti, accompagnate dai soliti refrain del centrodestra:sicurezza, lotta all'immigrazione e un forte conservatorismo sulle questioni sociali e di diritti umani.
Previsioni sulla scuola dopo le elezioni. Tra riforma e continuità
È facile immaginare che la scuola debba essere al centro dei progetti del futuro governo. Il settore infatti è stato messo a dura prova da questi anni di pandemia e rimangono inoltre in agenda le varie riforme messe sul piatto dall'uscente ministro Bianchi.
In caso di vittoria del PD è possibile presupporre quindi una certa continuità con il lavoro iniziato dal ministro dell'Istruzione del governo Draghi, quindi l'attuazione della Legge 79 del 2022, il pacchetto Pnrr e la riforma che coinvolgerà il reclutamento e la formazione dei docenti.
Uno scenario che viene rafforzato anche dalle dichiarazioni di Letta che si è detto pronto a dialogare con i ministri uscenti, compresi anche i delusi da Forza Italia Brunetta e Gelmini, con eccezione del M5S, a seguito della frattura avvenuta in occasione della crisi di governo.
Giorgia Meloni ha invece più volte dichiarato di voler correggere le riforme in atto e la gestione dei finanziamenti legati al Pnrr. Qualcosa di prevedibile, in virtù delle posizioni da sempre critiche della leader di FdI nei confronti dell'Unione Europea e dei rapporti tra essa e l'Italia.
Parte di questi interventi correttivi sono anche esplicitati nel programma politico che Meloni ha presentato ai suoi elettori in vista delle elezioni. Nel dodicesimo dei suoi 15 punti programmatici si legge infatti l'intenzione di abolire la "Buona Scuola" e di superare l'alternanza scuola lavoro, in virtù di un sistema di orientamento più concreto.
