Si è tenuto l'incontro fra il Ministero dell'Istruzione e del Merito e i sindacati sulla questione dei docenti specializzati all'estero sul sostegno. Come avevamo anticipato, rispetto alle news di fine 2022 e inizio 2022 Valditara è intenzionato a cambiare rotta. L'obiettivo del MIM sarebbe quello di consentire a chi si è abilitato fuori dall'Italia - inserito con riserva nelle GPS prima fascia - di poter essere chiamato per le supplenze. La decisione ha però creato una spaccatura con i docenti specializzati in Italia e, allo stesso tempo, fra i sindacati della scuola.
Facciamo il punto della situazione.
Docenti abilitati sul sostegno all'estero: dal Ministero l'ok ai contratti di supplenza
La decisione del Ministero dell'Istruzione e del Merito segue la pronuncia del Consiglio di Stato. Secondo quest'ultimo, il MIM avrebbe dovuto analizzare le richieste caso per caso, in modo da stabilire chi avesse diritto al riconoscimento del titolo. Allo stesso tempo, il cambio di rotta di Valditara si collega ai tantissimi ricorsi dovuti ai tempi biblici impiegati e, spesso, sforati per le procedure di verifica. A oggi, con oltre 11 mila domande, il termine dei 120 giorni richiesti per l'esame di ciascuna non viene rispettato in moltissimi casi.
Per questa ragione, all'incontro con i Sindacati il Ministero ha presentato la proposta che permetterebbe ai docenti inseriti con riserva nelle GPS prima fascia, in attesa del riconoscimento dell'abilitazione conseguita all'estero, di stipulare contratti di supplenza.
Il riconoscimento formale del titolo di accesso alla graduatoria avverrebbe in seguito.
Specializzazione in Italia conseguita con merito e sacrifici: la lettera a Valditara e Meloni
Il rischio di questa decisione, come vedremo anche in seguito nelle parole dei sindacati, è quello di una guerra fra poveri. Da una parte ci sono i docenti che hanno conseguito l'abilitazione o la specializzazione all'estero, per i quali il Ministero ha di fatto certificato l'impossibilità di riconoscere il titolo nei tempi previsti.
Dall'altra parte ci sono invece i docenti che si sono specializzati in Italia, con un percorso lungo, dispendioso e formato da lezioni, tirocini e laboratori. A tale proposito, si esprime il Comitato Nazionale specializzato sul sostegno che, in una lettera indirizzata a Giuseppe Valditara e Giorgia Meloni, scrive:
"Permettere a docenti di inserire con riserva nelle graduatorie provinciali per il sostegno di fare domanda per l'assegnazione degli incarichi annuali significa pure consentire loro di partecipare all'assegnazione di posti di ruolo con la conseguenza che in Italia ci sarebbero centinaia di docenti stabilizzati il cui titolo non è mai stato ufficialmente e legalmente riconosciuto."La lettura da parte del Comitato Nazionale è chiara. Come può il governo permettere che i docenti specializzati sul sostegno in Italia vengano in qualche modo superati da chi non ha ancora ottenuto il riconoscimento del titolo conseguito all'estero? Al momento, non ci sono risposte e, allo stesso tempo, la proposta del MIM ha anche spaccato i sindacati.
Supplenze agli abilitati all'estero un atto dovuto: la posizione di ANIEF
Come spesso ribadito dallo stesso sindacato, soltanto ANIEF è in pieno accordo con il cambio di rotta del Ministero dell'Istruzione e del Merito. Per il presidente nazionale Marcello Pacifico, non ha senso verificare il titolo conseguito all'estero caso per caso. Se in passato ci sono già stati riconoscimenti per determinati Paesi, la verifica deve essere immediata, a maggior ragione se nella scuola italiana mancano docenti specializzati sul sostegno.
Sostiene Pacifico:
"Questa modifica è un atto dovuto, adesso si sblocchino le immissioni in ruolo sui posti in deroga da anni per il personale specializzato in Italia e l'accesso libero al TFA sostegno o l'aumento consistente dei numeri di ammissione."
Se dal punto di vista numerico queste azioni potrebbero anche essere sufficienti, resta da chiarire::
- da un lato, il rapporto fra docenti specializzati in Italia e specializzati all'estero:
- dall'altro lato, su cosa accadrebbe alla continuità didattica se, dopo la stipula del contratto di supplenza, il titolo non venisse riconosciuto.
Specializzati in Italia scavalcati da chi non ha un titolo riconosciuto: l'accusa dei sindacati
Sono esattamente queste ultime le preoccupazioni degli altri sindacati del comparto scuola. Giuseppe D'Aprile, segretario generale UIL Scuola, si chiede come mai sia possibile che un posto in Italia, per personale italiano, dipenda dall'esito di titoli conseguiti all'estero. Inoltre, ne individua la causa nel numero chiuso per i percorsi di specializzazione presso le università. Per D'Aprile, è paradossale
"che un docente, abilitato e specializzato in Italia e inserito a pieno titolo nelle graduatorie, si vedrà in molti casi scavalcato nel punteggio proprio da chi non ha ancora un titolo valido a tutti gli effetti perché non ancora riconosciuto dal Ministero e che non dovrebbe essere spendibile nelle graduatorie"Sulla stessa linea di pensiero anche CISL Scuola, che punta il dito contro le procedure lunghe e farraginose di verifica dei titoli conseguiti all'estero da parte del Ministero. Se UIL Scuola vede la soluzione nell'eliminazione del numero chiuso per il TFA sostegno, CISL Scuola invece chiede la velocizzazione delle procedure di riconoscimento dell'abilitazione o specializzazione conseguita all'estero.
Sposa una prospettiva leggermente diversa, infine, la critica di FLC CGIL. Certo, c'è il tema dei docenti specializzati in Italia scavalcati da coloro il cui titolo non è ancora stato riconosciuto. E, allo stesso tempo, c'è anche il nodo del numero chiuso alle università. Secondo la Federazione dei Lavoratori della Cultura, però, c'è anche un'altra questione:
"considerato che l'85% dei titoli esteri sono specializzazioni su sostegno ottenute in Paesi in cui non esiste l'inclusione degli alunni disabili, [...] occorre innanzitutto tutelare il diritto allo studio degli studenti disabili pretendendo che chi lavora abbia un titolo e una formazione adeguata."Questo obiettivo, conclude il sindacato, si ottiene dando la massima priorità ai docenti che si sono formati in Italia mediante percorsi incentrati sul modello della didattica inclusiva.