Dal 2005, ogni anno, il 10 febbraio si ricordano le vittime delle foibe, cioè tutti gli italiani che, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, sono stati torturati e uccisi dall'esercito jugoslavo di Tito.
In segno di partecipazione attiva alla commemorazione, il Ministero dell'Istruzione ha dedicato e inviato una circolare il cui contenuto non è passato inosservato a Repubblica per via di una frase specifica.
La frase incriminata
La circolare, che porta la firma del capo dipartimento Stefano Versari, si legge:
"Il Giorno del ricordo e la conoscenza di quanto accaduto possono aiutare a comprendere che, in quel caso, la 'categoria' umana che si voleva piegare e culturalmente nullificare era quella italiana. Poco tempo prima era accaduto, su scala europea, alla ' categoria' degli ebrei. Pochi decenni prima ancora era toccato alla 'categoria' degli Armeni. E poi? Sempre vicino a noi, negli anni novanta, vittima è stata la 'categoria' dei musulmani di Srebrenica…".
Il paragone tra le foibe e la Shoah ha subito sollevato numerose critiche e polemiche, in primis da parte dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia:
"Due paragoni storici impossibili e inaccettabili. Si banalizza la Shoah - spiega il presidente Roberto Cenati - uno sterminio pianificato su una popolazione inerme e senza colpa, accostandola ad altri fenomeni pur tragici". Anche secondo Repubblica l'accostamento dei due eventi sarebbe a dir poco fuori luogo, considerando soprattutto il fatto che il numero delle vittime della Shoah (cioè 6milioni di ebrei) è decisamente più alto rispetto a quello delle vittime delle foibe. Che poi si tratti, in entrambi i casi, di veri e propri crimini non è da discutere.
Cosa si commemora il 10 febbraio
Data la gaffe del Ministero dell'Istruzione, un ripasso di cosa siano le foibe e degli avvenimenti avvenuti in precedenza può essere di certo utile.
I massacri delle foibe si riferiscono a migliaia di italiani torturati, uccisi e gettati in fosse comuni (le foibe, appunto) dalle milizie di Tito, all'epoca a capo della Jugoslavia. Secondo la storia, in realtà, solo una minima parte delle vittime ha trovato il suo epilogo nelle foibe, dato che in centinaia hanno perso la vita molto prima, dentro le prigioni o nei campi di concentramento jugoslavi.
I primi massacri iniziarono dopo l'8 marzo 1943, cioè dopo lo sfaldamento degli eserciti italiani a seguito del crollo del fascismo e della liberazione di Tito. Quest'ultimo, con l'intenzione di vendicarsi dei fascisti che avevano amministrato le "sue" terre tra le due guerre, diede inizio a una vendetta di sangue prendendo di mira non solo gerarchi fascisti, ma anche personaggi italiani molto noti e conosciuti.
Tito non si limitava a far uccidere i suoi nemici, ma faceva di tutto per torturarli: i condannati venivano legati tra loro e gettati all'interno delle foibe o delle miniere di bauxite. Dopodiché, veniva ucciso il primo della fila che, con un effetto domino, cadendo trascinava con sé tutti gli altri. Questi ultimi, ancora vivi, dovevano affrontare una lunga agonia prima di morire.
La seconda ondata di violenza, invece, ebbe inizio nel 1945, quando gli jugoslavi occuparono la Venezia Giulia e sterminarono centinaia di militari della Repubblica Sociale Italiana: molti morirono subito, altri furono inviati nei campi di prigionia. Lo stesso trattamento fu riservato ai partigiani, con l'obiettivo di eliminare qualunque minaccia al Partito Comunista di Tito.
Dopo il massacro delle foibe, si verificò un esodo forzato del 90% dei cittadini italiani in Istria e nel Quarnaro che, secondo le stime, ha compreso un numero tra 250mila e 350mila italiani.
Il massacro delle foibe si è concluso il 10 febbraio 1947 con la firma del trattato di pace di Parigi.
É, da sempre, un argomento tanto complesso quanto dibattuto; sono sempre state numerose le incongruenze e, solo negli ultimi tempi, si sta cercando di ricostruire i fatti in modo oggettivo e sulla base di reperti e documenti storici.