Nella giornata del 28 settembre l'ormai uscente Ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi ha partecipato a un incontro studentesco a Genova. Al termine dell'evento, il ministro ha rilasciato delle dichiarazioni sul futuro della scuola italiana.
L'insediamento di un nuovo governo sarà uno snodo cruciale per capire cosa ne sarà del comparto scuola nei prossimi anni. Secondo Bianchi non si ripartirà da zero e i corposi investimenti del Pnrr saranno decisivi per continuare sulla strada delle riforme.
Bianchi ai titoli di coda: il suo ministero, tra riapertura, riforme e investimenti
Nel tirare le somme riguardo il suo operato al Ministero dell'Istruzione, Patrizio Bianchi è apparso soddisfatto. Due i punti centrali del suo discorso: la riapertura delle scuole dopo il momento critico della pandemia e gli investimenti del Pnrr.
Secondo Bianchi la riapertura delle scuole è stato infatti uno step fondamentale per rimettere al centro gli studenti dopo due anni difficili causati dal Covid. Durante le due estati da ministro infatti è stato messo a punto il grande piano di scuola estiva, con i progetti da continuare durante tutto l'anno.
Il Pnrr invece è una misura che è stata e continuerà a essere la guida per gli investimenti relativi all'istruzione. I fondi sono infatti vincolanti e costituiscono degli imprescindibili impegni assunti nei confronti dell'Europa.
Il ministro ricorda dunque le riforme fatte, in particolar modo quella rivolta agli istituti tecnici e professionali e gli importanti investimenti già fatti durante la sua esperienza al governo: 17,8 miliardi totali, di cui 10 in edilizia e 5 per la parte digitale.
Per quanto riguarda gli investimenti sul digitale, essi sono di particolare rilevanza, in quanto hanno messo tante scuole site in zone difficili nelle condizioni di ricevere la banda ultralarga: un'innovazione tecnologica che permette agli insegnanti di potenziare la didattica rendendo più appetibile la vita e il lavoro anche nei paesi più piccoli.
Per Bianchi dunque il suo successore non ripartirà da zero, ma da tre, su una strada con una direzione ben precisa e con i benefici degli investimenti fatti.
Elezioni 2022: Bianchi su astensionismo e rischio democratico
Patrizio Bianchi si è anche soffermato sull'esito delle elezioni 2022, commentando l'alto tasso di astensionismo e le uscite di Francesco Lollobrigida (Fratelli D'Italia) sulla Costituzione, interpretate da molti come un vero e proprio attacco alla democrazia.
Riguardo la scarsa affluenza alle urne - la più bassa dell'intera storia della Repubblica - Bianchi ha le idee chiare: è segno incontrovertibile di un disagio profondo del paese, radicato nelle sue fondamenta e la cui risoluzione passa dall'educare i giovani alla democrazia e al vivere in comunità.
Democrazia che secondo Bianchi non sarebbe in ogni caso a rischio nonostante le dichiarazioni sulla Costituzione di Lollobrigida (" È bella ma ha 70 anni di età"). Il ministro ha infatti ricordato come la carta costituzionale sia un documento equilibrato che non può essere cambiato nelle sue singole parti senza ridefinirne la struttura in generale.
Report fondazione Agnelli: su cosa investire per il futuro della scuola italiana
L'intervento del ministro Bianchi a Genova è stato permeato dal solito ottimismo e dalla soddisfazione per il lavoro svolto. È tuttavia indubbio che gli investimenti nel comparto scuola saranno uno snodo fondamentale per il nuovo governo.
Dall'ultimo report della Fondazione Agnelli emergono dati interessanti sulla scuola italiana, sulla sua situazione economica e sul confronto con il resto dell'Europa. I dati rivelano che effettivamente a fronte di una spesa rimasta stabile per tanti anni, dal 2020 si è visto un incremento negli investimenti dedicati alla scuola.
Un altro grafico certifica invece come la scuola sia stato l'unico settore della pubblica amministrazione a registrare un consistente aumento del personale. Qualcosa di diverso ad esempio dal settore sanità dove negli ultimi anni ogni tre pensionamenti ci sono state solo due nuove assunzioni.
I paragoni vanno comunque fatti con moderazione, considerando tra l'altro che gran parte delle assunzioni a scuola sono rappresentate da contratti a tempo determinato, segno di uno dei problemi atavici del sistema scolastico italiano: il precariato.
Significativo però l'aumento di nuove figure professionali, come ad esempio gli insegnati di sostegno, introduzione recente nel settore dell'istruzione.
Ancora, i grafici sugli investimenti in relazione alla spesa pubblica in Europa evidenziano come questo siano in linea con quelli di altri paesi presi a riferimento, comeGermania e Spagna.
Rimane però preoccupante il dato di spesa in relazione al PIL: l'Italia spende infatti solo il 4,3% del suo PIL nella scuola, contro il 4,6% della Spagna e il 4,7% della Germania, che da questo punto di vista hanno fatto registrare un aumento rispettivamente dello 0,4% e dello 0,8% rispetto ai dati del 2008 (incremento assente per l'Italia).
A fronte dei tanti soldi spesi quindi, rimane necessario aumentare gli investimenti, specie nella tecnologia e nella didattica delle materie STEM, settore principale dove sono confluiti i soldi spesi dagli altri paesi nell'istruzione.
Calo demografico degli studenti e retribuzione dei docenti
Infine, il report di fondazione Agnelli si concentra sulla popolazione scolastica con una previsione fino al 2030. In Italia si registra infatti un importante calo demografico degli studenti: un vero e proprio crollo che non accenna a fermarsi, segno di evidenti problemi nella gestione della dispersione scolastica.
Non diminuiscono invece gli insegnanti nelle scuole italiane, anche se rimane quest'impressione a causa della consistente assunzione di precari, soprattutto tra gli insegnanti di sostegno.
Anni luce indietro invece la retribuzione dei docenti italiani, imparagonabile a quella dei colleghi europei. Non solo infatti le cifre sono sempre inferiori, in ogni momento della carriera, ma a mancare è proprio una crescita economica legata a qualsiasi fattore che non sia l'anzianità.
Sarebbe dunque auspicabile un sostanzioso ripensamento del contratto dei docenti, oggi decisamente poco appetibile. Sono però troppi i punti da ridiscutere, dal salario, a tempi e modalità di lavoro, passando per la selezione e la formazione dei nuovi docenti e introducendo nuovi fattori di crescita economica: inverosimile dunque pensare a un intervento simile a breve termine.