Con il rinnovo del contratto scuola già a dicembre docenti e personale Ata dovrebbero ricevere in busta paga gli arretrati di 2019, 2020 e 2021. Previsto anche un aumento di 125 euro per la prima categoria e di 100 euro per la seconda.
Aleggia però ancora qualche incertezza. Nonostante l'accordo tra Ministero e sindacati, non è ancora arrivato l'ok della Corte dei conti e del Mef. Ma anche immaginando una conclusione positiva, gli esiti del rinnovo del contratto scuola rimangono in buona parte insoddisfacenti.
Previsti cortei di protesta a Roma . Il rinnovo contratto scuola non soddisfa
Nonostante gli aumenti previsti dal rinnovo del contratto scuola, gli stipendi continuano a non soddisfare i docenti. Già venerdì 2 dicembre, insieme a studenti, disoccupati e altri lavoratori, sono infatti scesi in corteo a Roma al grido di "Giù le armi, su i salari".
Un invito eloquente al nuovo governo: meno spese per supportare la guerra in Ucraina e una maggiore attenzione agli stipendi dei lavoratori, che devono accontentarsi di "Salari da fame". Va però precisato che l'azione di governo è in continuità con la famosa agenda Draghi: i dati sugli stipendi rimangono comunque preoccupanti e altre proteste sono attese nella capitale.
Situazione stipendi in Italia. Dati poco rassicuranti
Al di là di qualsiasi discorso politico, l'insoddisfazione dei lavoratori della scuola è motivata dai dati. Il rapporto mondiale sui salari 2022/23 dimostra infatti che, alla luce dell'incremento del costo della vita, i salari italiani sono più bassi del 12% rispetto a quelli del 2008.
Pur considerando l'aumento del 4,2% previsto dal rinnovo del contratto scuola, il costo della vita supererebbe il potere d'acquisto degli stipendi dell'8%. Una situazione che l'Italia condivide con Giappone e Regno Unito, gli unici paesi del G20 a manifestare una decrescita da questo punto di vista.
Tuttavia la situazione italiana è decisamente peggiore: In Giappone infatti si parla di una percentuale del -2%, mentre nel Regno Unito del -4%. Il 12% italiano fa dunque del nostro paese il peggiore da questo punto di vista.
La conferma arriva anche dal 56esimo Rapporto Censis "Lavoro, professionalità, rappresentanze". Il rapporto testimonia infatti una evidente disparità tra l'aumento del costo della vita, 6,7% rispetto al primo semestre 2021, e quello delle retribuzioni contrattuali dei lavoratori dipendenti a tempo pieno di soli 0,7 punti percentuali.
La situazione non è comunque uguale per tutti. Sempre il Censis registra una certa disuguaglianza tra i ceti più abbienti e quelli meno abbienti. Le famiglie più povere si confrontano infatti con un incremento medio del costo della vita del 9,8%, mentre le famiglie più benestanti con uno del 6,1%.
Considerando che i costi della vita potrebbero ancora aumentare nel 2023, gli aumenti degli stipendi dei lavoratori della scuola rischiano di essere di fatto inutili. Si ipotizza infatti che con gli attuali livelli di inflazione, i beni alimentari potrebbero presto costare l'11% in più e quelli energetici aumentare addirittura del 50%.
Con il prossimo rinnovo ancora in ballo, il governo Meloni dovrà dunque tenere conto di tutti questi fattori, per aiutare i lavoratori della scuola a fronteggiare il momento di crisi sociale che tutto il paese sta vivendo.